Selle in fuga
Si potrebbe provare
a correre insieme giocando incontro a noi stessi
e con un perdono incrociato salvare la nostra
leggerezza, e l’innocenza dei ricordi
e alla ragione chiusa nell’armadio
della stagione che verrà, lasciare uno spiraglio
libero, per un sospetto di giustizia
e interpretare in pace il nostro ruolo
di piccole comparse insostituibili
sul palcoscenico dell’uomo
lasciando il batticuore a sbirciare dal sipario
per vedere un momento chi ci guarda
e amare così forte da svegliare la speranza
e così sottovoce da non ferire nessuno
e bere questa vita da un bicchiere d’universo
ogni mattino che s’accende nuovo
a coprire la fuga delle stelle.
Lida de Polzer – Varese
Sorsi di storia
Racconta storia d’uomini
la vigna che hai piantato,
la vite che hai potato,
il grappolo che hai colto
e l’uva che hai pigiato,
il vino che matura nella botte.
Nasconde storia d’uomini
l’impegno, il sacrificio
e l’esperienza, l’arte lavoro,
il senso e la sapienza.
Raccoglie storia d’uomini
il gusto secco, l’aroma
fruttato, il profumo intenso,
il colore ambrato.
Storia d’amore e d’allegria
che affoga nel bicchiere
ogni tristezza ma affida
ad ognuno la misura, addita
la saggezza e la pazienza:
la cultura in un sorso.
Paolo Pietrini – La Spezia
Omaggio a Edith Stein
Lasciare il Dio dei padri, il pane azzimo,
l’ erbe amare, ma ricordare quel passaggio
ogni mattina masticando il pane quotidiano
non celebrare lo Yom Kippur ad ogni anno
ma attingere il perdono dietro una grata,
e poi abbandonare il gioco della mente,
l’abilità dialettica, la disputa sottile
l’orgoglio d’essere tra i pochi scelti
che hanno le risposte ai dubbi,
ma farti carne trafitta da offrire
poiché la salvezza è già avvenuta.
Andarsene dal mondo senza l’odio,
( la sconfitta era nel DNA del tuo Signore)
e riconoscere la vocazione nell’obbedienza
di dire “ eccomi “ come Abramo
e poi “ fiat “ come la santa d’ Avila.
Abbandonare il desiderio d’ogni figlia di Esther
di generare un’ altra vita per il tuo popolo,
ma fare d’ogni gesto una preghiera,
e poi varcare la stanza del Cyclon B
dando la mano a tua sorella Rosa
ed ai figli d’ altre madri stretti
alla tua veste di carmelitana.
l’erba ha quasi avvolto le traversine dei binari
ove quei treni scaricavano la diaspora
d’ anime disperse davanti a quella scritta
Arbeit macht frei
e cala la polvere d’un oblio greve
su questa Europa nuova che finge
di non sapere l’origine
del suo essere comunità.
Luigi Paraboschi – Castelsangiovanni (PC)